ERNESTO: IX° CAPITOLO di Luigi Lucaioli
CAPITOLO 9
Passarono altri sei mesi, durante i quali pur chiedendo a Claudio se avesse notizie su di me, già sapevo la risposta. Il tempo scorreva senza scosse fin quando una mattina, fummo chiamati in sala TV per un "annuncio importante"! Credo che ognuno di noi, io per primo, abbia avuto un tuffo al cuore, sperando proprio che riguardasse se stesso. Ma la sorpresa fu che, per quanto ci fossimo ripromessi di fargli visita, era venuto Romolo: era lì, con una donna a braccetto, sulla cinquantina, ma devo dire una gran bella donna!
<<Ragazzi, vi presento Consuelo, la mia fidanzata. Ci sposeremo e, se gli amministratori ce lo permetteranno, vorremmo farlo qui, con voi!>>
Romolo ci spiegò che, a seguito della sua richiesta di contrarre matrimonio civile, il Sindaco, lette le pubblicazioni, si era offerto di celebrare lui stesso e di farlo nella Casa-famiglia, per dare un segnale che potesse avvicinare i cittadini ostili agli ospiti della Casa, che non era un covo di delinquenti ma un luogo dove persone, che avevano incontrato delle difficoltà nella vita, potevano ritrovare la serenità. Anche gli amministratori, Lisa, Anna e Claudio erano entusiasti di questa offerta che l'Amministrazione Comunale aveva fatto, così si cominciarono i preparativi e tutti gli ospiti della Casa parteciparono. Solo una persona aveva un viso triste: Natasha.
Si era innamorata di quel tipo che a tutti sembrava orso, ma lei lo guardava con occhi diversi, avrebbe voluto che anche lui si innamorasse, ma non aveva avuto il coraggio di farsi avanti, temeva che per il suo trascorso lui non avrebbe mai desiderato avere una relazione con lei.
Consuelo veniva dal Nicaragua, terra martoriata dalla guerra e dal cartello della droga. Da cinque anni viveva in Italia, dopo essere rimasta vedova e aver perso due figli. Aveva dovuto prostituirsi per trovare i soldi e fuggire da quell'inferno, ma ci era riuscita con non pochi sacrifici e stenti. Era stata fortunata, dopo tante difficoltà, tramite un'organizzazione umanitaria, aveva ottenuto il visto e il permesso di soggiorno. Era stata assunta in un'impresa di pulizie, accolta calorosamente dalle sue colleghe che le avevano insegnato l'italiano. Quando poi la sua ditta aveva preso in appalto le pulizie della palazzina dove c'era il forno dove lavorava Romolo, dovendo lavorare dalle 5 alle 7 della mattina, prima dell'apertura degli uffici, abitando vicino e essendo disponibile, Consuelo si era offerta per quell'incarico, anche perché qualche soldo in più le faceva veramente comodo per potersi permettere un monolocale in affitto, visto che alloggiava presso una famiglia di connazionali, che la facevano dormire nel corridoio. Così aveva conosciuto Romolo: la prima mattina che aveva preso servizio, entrando nel portone, aveva sentito dalla serranda di fianco, ancora chiusa, provenire un profumo di pane appena sfornato. Era rimasta lì, sulla soglia per sentire quella fragranza che le colpiva le narici. Era tanto che non sentiva il profumo del pane caldo. Proprio in quel momento, da una porticina dell'androne era uscito un uomo, calzoncini, maglietta ma anche tutta la faccia, infarinati. A quella visione le era sgorgata una risatina e Romolo aveva esordito:<<Non si preoccupi, non un sono un fantasma>> le aveva chiesto permesso, perché lei era rimasta sulla soglia ed era uscito per alzare la serranda, aveva acceso la luce e era apparso il miracolo che ogni mattina si ripeteva in tutto il mondo: pane appena sformato, altro a lievitare, focacce talmente invitanti che lei si era affacciata alla vetrina. Senza pensarci Romolo aveva preso una busta e ci aveva infilato una pagnotta appena sfornata.
<<Ecco, questa è per lei… >>
<<Ma, io…>>
<<E' il mio omaggio ad una signora che, solo lo sguardo, è come se mi avesse detto che le piace il pane appena fatto>>.
Lei lo aveva ringraziato, colpita da quell'uomo tutto imbiancato, col volto stanco ma che sembrava felice del suo lavoro. Era iniziata così, timidamente, la loro storia. Era fatta solo di "buongiorno" e "arrivederci", quando lei arrivava e ripartiva. Ma poi Romolo aveva fatto mente locale: sia all'arrivo che alla partenza di lei, i loro sguardi si incrociavano, quindi non era solo lui ad aspettare di vederla ma anche lei si fermava sulla soglia per aspettare il momento di poterlo salutare. Così lui aveva preso coraggio e come tutte le mattine, appena uscita la prima infornata, si preparava la macchinetta del caffè ma questa volta si era procurato due tazzine, scompagnate sì, ma con tanto di vassoio (era uno di quei vassoi di cartone dove metteva le pizzette in vetrina). Appena l'aveva vista arrivare, l'aveva aspettata davanti alla porticina che dava sull'androne.
<<Buongiorno, lo gradisce un caffè? Anche lei si alza molto presto la mattina>> e senza aspettare la risposta aveva preso il vassoio. Lei non aveva pensato nemmeno a dire "grazie": aveva il cuore in tumulto e le famose "farfalle nello stomaco". Non aveva più bevuto caffè da tanto tempo e soprattutto la mattina presto, perché in casa non poteva far rumore, ma quello che l'aveva fatta tremare era il fatto che fosse un uomo ad offrirglielo. Un uomo…. Erano passati sette anni da quando aveva perso suo marito e gli unici uomini? No! Bestie che la violavano e la facevano sentire sporca. Non si era accorta nemmeno che lui le stava dicendo:<<Mi chiamo Romolo, sono di Roma ma vivo qui da qualche anno. Ho detto qualcosa che l'ha offesa?>>
<<No, mi scusi, stavo pensando che era tanto che non prendevo un caffè… (stava per aggiungere "con un uomo") caldo al mattino. Mi chiamo Consuelo, vengo da Nicaragua, sono qui da cinque anni>>
Non si erano strette le mani, i loro occhi si soffermarono per guardarsi a lungo. I loro sguardi si dicevano tutto quello che con le parole, due esseri così timidi, non sapevano esprimere ma lasciavano capire che presto si sarebbero aperti reciprocamente, perché istintivamente sentivano una fiducia reciproca. Per un po' continuò a compiersi quello che oramai sembrava un rituale, pochi minuti, poche parole: lei doveva svolgere il suo lavoro e poi raggiungere le sue colleghe, lui doveva preparare la seconda infornata che era a lievitare. Fino a quando una mattina Romolo si fece più audace decidendosi a darle del tu e:<<Senti, la mattina andiamo sempre di corsa per via del lavoro, possiamo una sera andare a bere qualcosa insieme? Sono troppo sfacciato? Hai qualcuno che ti aspetta?>> Romolo non immaginava neanche che lei desiderasse quel momento giù da diversi giorni. Quell'uomo le era piaciuto subito, per i suoi gesti, per come era stato gentile con lei. Aveva quasi dimenticato tutte le brutture passate, ma per lei, donna sola e straniera, erano cambiati i modi, le persone ma le avances degli uomini miravano tutte ad un obiettivo.
<<Non mi aspetta nessuno, accetto volentieri>>
Così era iniziata e progredita la loro storia e ora stavano per sposarsi. Nel tempo che passavano insieme, si raccontavano l'uno dell'altra. Consuelo non ebbe timore a raccontargli cosa aveva fatto per poter fuggire dal suo Paese. Lui apprezzò la sua sincerità, ne aveva rispetto, non voleva apparire il solito maschio in cerca di….
Fu lei che coraggiosamente, quando sentì che lui viveva proprio sopra il forno, a dirgli:<<Io vivo con dei connazionali e dormo in un lettino che la sera si apre in corridoio, posso dormire da te qualche volta?>>
Lui stava bevendo birra quando lei le rivolse questa domanda: poco ci mancò che soffocasse!
<<E me lo chiedi? Sapessi quanto lo desidero, ma non ho mai avuto il coraggio di chiedertelo!>> entrambi riscoprirono la gioia di ritrovarsi dentro un letto, con una persona a fianco, restare a parlare prima di dirsi buonanotte e il piacere di risentire la pelle sfiorarsi. Passate le prime volte piene di imbarazzo, lei perché diceva di avere i seni cadenti (aveva 50 anni e aveva avuto due figli), le gambe muscolose ma qualche vena varicosa si affacciava. Ne aveva macinati di chilometri e il suo fisico era stato provato da mille privazioni, malgrado ciò aveva un fisico tonico e desiderabile: capelli corvini, carnagione olivastra... a Romolo era piaciuta fin dal primo istante anche per il suo corpo e lui dal canto suo, si sentiva ridicolo perché non aveva di certo la "tartaruga" ma una pancetta contornata non da quelle definite "maniglie dell'amore", ma dei veri "maniglioni antipanico". Le gambe, poi… sembravano l'arco di Tito ed era anche un po' spelacchiato, ma pian piano, impararono ad amarsi così come erano e a ridere di loro stessi.