ERNESTO: VII° CAPITOLO di Luigi Lucaioli

21.02.2023

CAPITOLO 7

Giunta l'ora di cena, cercai di sfoderare un bel sorriso e andai in sala da pranzo. A metà cena, Romolo si alzò, con la forchetta fece tintinnare il bicchiere.

<<Ragazzi, da domani non giocherò più con i miei compagni di briscola...>>

<<Ah, l'hai capito finalmente che non vali una "scartina"...>>

<<...stavo dicendo che non giocherò più perché vado via!>>

Non so quanto durò quel silenzio di gelo che era piombato nella sala, ma fu colmato da applausi e felicitazioni. Alcuni corsero ad abbracciarlo, qualche lacrimuccia venne versata, ma tutti sapevamo cosa significasse un evento del genere. Ognuno di loro desiderava che accadesse: significava tornare a vivere. Rifarsi una vita e magari una famiglia, era ciò che li faceva restare ottimisti. Sopraggiunse Claudio, cosa insolita, lui non viveva lì ma quella sera era tornato appositamente per Romolo, aveva portato quattro bottiglie di spumante.

<<Buonasera a tutti. Romolo non vi ha detto che avrà un lavoro retribuito e un posto dove stare. Il suo datore di lavoro gli ha offerto il posto di fornaio, compreso l'alloggio, questa notizia merita un brindisi e l'augurio che anche il vostro futuro possa migliorare>>

Come Tina, che aveva perduto affetti, figli, marito, casa e lavoro: aveva portato la famiglia sul lastrico, benché sia lei che il marito avessero buoni stipendi, una casa con il mutuo estinto, figli che dovettero abbandonare l'Università (un maschio e una femmina). Tutto per quei maledetti video-giochi, slot machine ecc.... si era fissata con i video poker, più perdeva più si accaniva a giocare. Abbandonata da marito e figli si era ritrovata a fare la vita da barbona. Malgrado ciò i soldi che rimediava con le elemosine, li gettava nelle macchinette. Fino al giorno che un volontario, che l'aveva conosciuta una sera che stava distribuendo coperte sotto i portici, dove andavano a dormire i barboni, l'aveva riconosciuta una mattina che stava facendo colazione in un bar. Lei era lì, sporca, con i capelli arruffati e unti, con una pila di monete da un euro davanti a una "mangiasoldi". Si era preso una buona dose di insulti, prima di riuscire convincerla a dargli retta e recarsi alla Caritas. L'avevano aiutata anche dopo, quando per racimolare i soldi per il gioco aveva iniziato a prostituirsi, l'avevano portata in terapia per vincere la schiavitù dal gioco e l'avevano fatta entrare nella casa-famiglia. Il Dott. Martini l'aveva presa in cura fino a che lei aveva vinto la sua battaglia, ma non avendo più niente e nessuno era rimasta lì. Ma le mancavano le cose fondamentali: l'affetto dei suoi figli e l'amore di suo marito, le mancava avere un'altra casa, possibilità che, per tutti gli anni in cui s'era abbruttita, non aveva più considerato. Era ancora giovane e ora che si era rimessa in sesto, riacquistata la voglia di vivere, prepotentemente si era risvegliato il desiderio: il sesso. Aveva sperato che, con l'inserimento degli uomini nella casa-famiglia, avrebbe potuto anche godere di questo piacere ma il timore, dati i suoi precedenti, di essere mal considerata, la faceva trattenere dal prendere lei stessa l'iniziativa. Lo stesso dicasi per Aldo e Romolo, che non osavano nessuna avance, per paura di essere sbattuti fuori. Poi si era familiarizzato al punto che il pensiero era stato lasciato cadere. Ora capivo tutto quell'interesse nei miei confronti ma le altre donne dovettero fare marcia indietro quando capirono che tra me e Anna c'era qualcosa di più dell'amicizia. Ricominciarono le mie paranoie: e se non avessi più riacquistato la memoria? Restare rinchiuso nella Casa? Di mio non avevo niente, una casa, un lavoro, dei soldi, avrei dovuto essere accudito come un bambino? Ma i bambini crescono, diventano uomini, autonomi, possono decidere di formare una famiglia a loro volta. Potrò mai farlo io? O dovrò restare l'eterno nato a quarant'anni? Parlandone con Claudio, esternai tutte le mie perplessità, le paure sul mio futuro, al punto che decise di farmi uscire più spesso. Fin dalla mattina dopo, con Lisa, uscii per gli acquisti della Casa e, nei limiti della disponibilità economica, qualcosa per gli ospiti. Fu una mattina che Lisa era entrata da un tabaccaio per comprare le sigarette ad Anna: rimasi fuori sul marciapiedi, stavo guardando la vetrina, quando mi si avvicinarono due uomini.

<<Sei uno di quelli che abitano alla villa?>> (così veniva chiamata la Casa-famiglia); prima ancora che accennassi una risposta, venni colpito con pugni e calci. Solo quando Lisa uscì gridando, col telefono in mano per chiamare la polizia, smisero di picchiarmi e fuggirono. Arrivò un'ambulanza, mi misero su una barella e portato al pronto soccorso. Ebbi un flash: avevo già vissuto una cosa simile! Ero stato già aggredito e sempre da due uomini, ma la prima volta mentre ero a terra, mi avevano tolto tutto ciò che avevo in tasca e uno zainetto che portavo a tracolla. Ma non ricordavo le loro facce, mi avevano colpito da dietro e una volta in terra, avevo cercato di ripararmi la testa che stavano prendendo a calci. Questi altri due li ricordavo bene invece, perché mi ero girato verso di loro e li avevo avuti vicinissimi, perciò potei dare una loro descrizione ai poliziotti che mi stavano interrogando al Pronto Soccorso. Nel frattempo arrivò anche Claudio che poté dare una spiegazione e dichiarare che il verbale lo avrebbe firmato lui spiegandone i motivi. I due agenti si scusarono, capirono il perché io non volessi firmare il verbale. Tornarono al posto di Polizia dell'Ospedale per aspettare che il Dottor Martini parlasse con i medici. Ripercorsi tutta la trafila fatta alcuni mesi prima: lastra, raggi, TAC, analisi, prognosi: 5 giorni. Contusioni ed ecchimosi, ma niente di rotto, potevo anche tornare alla Casa. Saliti in macchina, sentii Claudio chiedermi scusa per quanto era successo, mai avrebbe immaginato che sarebbe potuta accadere una cosa del genere. Ora temeva una regressione della mia amnesia, ma quando gli dissi che mi aveva fatto ricordare l'episodio precedente:<<Accidenti! Non dovrai mica essere preso a botte per farti tornare la memoria!>>

Era stata Lisa a pronunciare queste parole. Claudio rimase interdetto per qualche secondo, poi ci guardammo tutti e tre e scoppiammo a ridere. Solo allora feci mente locale di una cosa: Claudio era venuto in auto con Anna, che ora guidava la sua macchina, dietro di noi. Mi ripromisi di chiederle perché non si fosse avvicinata al Pronto Soccorso e perché poi non era salita in auto con noi invece del dottore.

<<Te la senti di fare subito una seduta, prima di andare a pranzo? Voglio mettere a fuoco alcune cose>> quel "mettere a fuoco" come intendeva Claudio, era per scrivere tutto ciò che ci dicevamo nei nostri incontri.

Non potevo dirgli di no, anche perché sentivo che dovevo, poteva essere veramente un inizio del mio recupero. Quindi a malincuore, decisi che con Anna avrei parlato dopo cena.

Raccontai a Claudio quanto già sapeva, che era tutto sul verbale, meno il fatto che gli aggressori precedenti non li avevo visti in faccia.

<<Mi dispiace, speravo che, potendoli individuare si potesse verificare se i tuoi documenti erano stati buttati da qualche parte e magari recuperarli. Sarebbe stato un buon inizio. Domani chiederò alla Polizia se è possibile fare un appello ai tuoi aggressori se, in forma anonima, possano farteli recuperare>> ma l'Ispettore che aveva svolto le indagini, disse che sì avrebbe fatto l'appello ma non dovevamo aspettarci esiti positivi. Non erano stati i tipici borseggiatori di città. Questi avevano seguito me, fino al luogo giusto dove avrebbero potuto colpire in sicurezza, essendo del mestiere avrebbero bruciato tutto per non lasciare impronte. Per quanto mi riguarda, non mi aspettavo niente, figuriamoci i soldi se mai ne avessi avuti. Che strano, fino ad allora non avevo sentito il bisogno di avere del denaro, ma un attimo prima di venire aggredito fuori dalla tabaccheria, stavo guardando la vetrina: c'erano braccialetti e catenine di bigiotteria da pochi euro ed avevo pensato che non avevo neanche il denaro per comprare qualcosa ad Anna. Avevo visto che ne portava quando veniva da me e se li toglieva per poi rimetterli prima di andare via. La prendevo in giro dicendole che era tutta ingioiellata, ma mi rispondeva appunto che si trattava di bigiotteria.

Stavo aspettando il dopo cena, quando avrei detto che sarei andato in camera mia a leggere (tanto per salvare le apparenze) e tutti, col sorrisetto stampato, mi augurarono la buonanotte. Ormai era diventata la storia di tutta la Casa, non solo la nostra e non potevamo esimerci, eravamo tutta una famiglia.