GEI & GEI

27.09.2020

GEI & GEI

Occorre subito dare una spiegazione. Gei and Gei non è un marchio, né un logo di gruppi pop o negozi alla moda. Semplicemente le iniziali di due nomi: Janet e Julie, due donne texane. Si erano conosciute a 18 a Firenze, dove erano arrivate per studiare. Con percorsi diversi, si erano innamorate del nostro paese, al punto di restarci a vivere. Avevano preso in affitto un monolocale, insieme, per risparmiare. Per due anni avevano dormito nello stesso letto, facendosi tante risate prima di addormentarsi. Si raccontavano le loro vicende, dei loro corteggiatori, questi famosi latin-lovers italiani. Qualche breve flirt, niente di duraturo. Fino a quando, a 20 anni, Julie disse di essersi innamorata di lui: Cecco. Fiorentino doc, sempre allegro, faccia tosta e spavaldo. Quando le fu presentato, Janet non riuscì a gioire per la sua amica. Sentì una fitta, come se le avessero strappato le viscere. Paura di perderla per sempre, di ritrovarsi sola, di non sentire più la risata cristallina di Julie. 
Per un anno Janet, non fece altro, ogni sera, che fermarsi a Piazzale Michelangelo, solo per poter udire il suono della sua lingua. E magari incontrare qualche americano. Ora che si ritrovava sola, senza più la sua amica, benché avesse il suo lavoro di interprete che la teneva occupata molto, a volte fino a notte, sentiva il bisogno di ritrovare un po' del suo paese. Oramai viveva solo aspettando le telefonate di Julie, rare in verità, durante le quali lei le raccontava nei minimi dettagli la sua giornata con Cecco. Ogni volta che richiudeva il telefono, sentiva qualcosa.... no, non era invidia per la sua amica. Odiava quell'uomo che poteva gioire degli abbracci di lei, del suo bacio della buonanotte. Quel risvegliarsi al mattino, fare colazione insieme prima di andare al lavoro. Sopraggiunse l'estate e Janet non aveva voglia di fare escursioni al mare, come faceva con la sua amica. Smise anche di frequentare il suo boyfriend. Provava un senso di repulsione ad essere accarezzata da lui. Non era come quando Julie le spalmava la crema solare. Quelle piccole mani, delicate, che la sfioravano, le facevano sentire i brividi. Gli ultimi rapporti con quel "macho" latino, le causavano nausea. Quando lui la penetrava con quel senso di possesso, la faceva sentire sporca, un oggetto posseduto. Aveva deciso, perciò, di non volere più rapporti e di chiudere con le frequentazioni occasionali, che le lasciavano l'amaro in bocca.
Una domenica mattina decise di andare in piscina. Voleva sentire il vocio dei tante lingue diverse. Dove trovarle se non alle Cascine? Premonizione? Destino? Chiamatelo come vi fa piacere, non potrà mai superare il piacere provato da Janet nel vedere da lontano lei: Julie! Si abbracciarono a lungo, senza parlare, poi guardandosi negli occhi, si scambiarono baci sulle guance e, mentre voltavano il viso, le loro labbra si sfiorarono. Janet ebbe un brivido lungo la schiena, poi senza rendersene conto, si ritrovò a baciarla di nuovo. Fu una esplosione. Solo allora si rese conto della sua inquietudine, della sua tristezza. Le mancava LEI. Si sedettero e, mentre facevano colazione, Julie le raccontò come e perché si trovasse lì, da sola, senza il suo Cecco. Si era rivelato un fanfarone, un immaturo. Gli piaceva raccontare per filo e per segno, anche i loro momenti più intimi, malgrado lei gli avesse chiesto di non farlo, non le piaceva essere oggetto di desideri sessuali da parte di sconosciuti! Si sentiva profanata! Per questo lo aveva lasciato.
"Ora sono ospite di una mia amica italiana. Posso tornare a vivere da te?"
"E me lo chiedi?! Perché non l'hai fatto subito? Non sai quanto mi sei mancata!" 
Stettero tutto il giorno lì, un senso di pace le aveva pervase, fin quando si accorsero che imbruniva. Si avviarono verso la 2 cavalli di Janet, quella buffa auto che le aveva viste per tanto tempo felici e sempre con la voglia di fare cose nuove.

"Mi faccio una doccia fino a consumare tutta l'acqua calda! E' tanto che non lo faccio più" disse Julie, mentre Janet preparava la tavola.
Janet si voltò per mettere due candele sulla tovaglia e se la ritrovò davanti. L'asciugamano come un turbante e un piccolo accappatoio che a malapena le copriva le cosce, appena dorate dall'abbronzatura ancora bagnata, gocce che brillavano alla luce di quelle candele. Nessuna delle due disse una parola. Si avvicinarono. Julie tolse il "turbante" scuotendo la testa per lasciarsi cadere i capelli dorati sulle spalle. Nel sollevare le braccia, le scivolò via l'accappatoio. Rimase lì, nuda in mezzo alla stanza, il suo pube brillava per le gocce che non aveva asciugato. Janet protese le mani verso quei piccoli seni, dritti e turgidi, che a quel contatto la fecero rabbrividire. Le venne la pelle d'oca ma non era per il freddo. Altre volte, senza rendersene conto, aveva provato quella sensazione. Nelle sere d'inverno, quando Janet la stringeva a sé per riscaldarla. Le si avvicinò con le labbra, facendole indurire i capezzoli. Sentire la sua bocca sulla sua pelle le fece cadere ogni remora per quel desiderio inconscio che, fino a quel momento, sembrava solo una fantasia. Abbandonò ogni riserva. Desiderava fare l'amore con lei. Dimenticarono la cena, stese sul divano si abbandonarono a quel gioco fatto di baci, di carezze, di una voluttà che nessuna delle due aveva mai provato a letto con un uomo. E quando, pube contro pube, raggiunsero l'orgasmo, fu un'estasi completa. Arrivare alle stelle e ritrovarsi giù. Un milione di anni? o pochi attimi? Solo il tempo di prendere consapevolezza della loro sessualità. Julie prese a baciale le reni, sempre più delicatamente, vedendo che Janet inarcava la schiena, di nuovo avvolta nell'eros, finché vinte dall'appagamento, restarono a fissare il soffitto. Spossate, si addormentarono, mano nella mano, per svegliarsi che era mezzanotte passata. Affamate, mangiarono con gusto tutto ciò che avevano sul tavolo. Non ci fu bisogno di parole. Avrebbero vissuto insieme per sempre. Senza vincoli codificati e senza ipocrisie.

Per questo oramai, nel loro quartiere, sono soltanto

Gei and Gei