IL FILTRO GIALLO - capitolo 4 - di Stefania Bocchetta

22.11.2021

IL FILTRO GIALLO - IV° capitolo.

C'era ancora un momento delicato e difficile da affrontare: la deposizione in Tribunale di Emma. Era un evento molte temuto da tutti: da lei stessa, dallo zio, dagli avvocati e dal Giudice in particolare.

Questi era un uomo oramai prossimo alla pensione, che ne aveva viste tante nel corso della sua lunga carriera ma, quel processo lo stava logorando dentro. Provava un senso di pena per quella ragazzina così educata, silenziosa, dignitosa, col volto di bambina, che dovrebbe solo sorridere alla vita e invece così profondamente provata dalla sofferenza. Avrebbe voluto prenderla per mano per accompagnarla fuori da quell'incubo, come un nonno affettuoso. Spesso durante le udienze la osservava e una pena infinita lo devastava. Poi quella madre sconsiderata, insensibile! Avrebbe voluto fare arrestare lei, altro che quella povera figlia! Non poteva permettere altri traumi, perciò aveva deciso di svolgere personalmente un colloquio con la ragazza, alla sola presenza degli avvocati, di una psicologa e dello zio dell'imputata. Inutile sottoporla ad ulteriori stress, tanto più che una decisione sentiva di averla già presa, ma voleva parlare con lei, sentire da lei, dalla sua voce che gli era ancora sconosciuta, il racconto di quella tragica sera. Ne aveva un bisogno impellente che, in parte, avrebbe compensato e tenuto a freno la sua umana necessità empatica di abbracciarla e rassicurarla. E ora che era lì, seduta composta di fronte a lui, si chiedeva come si potesse far soffrire, abusare addirittura, di una bambina così dolce, anzi di qualunque creatura indifesa.

- Allora, Emma, vuoi raccontarci cosa è accaduto quella sera? - e le sorrise.

- Avevo molti compiti da fare, ma Laura giocava in cameretta e non riuscivo a concentrarmi, allora sono andata in cucina - rispose lei senza esitazione ma con tono sommesso.

- Lo facevi spesso? Fare i compiti in cucina, intendo -

- Quando fa freddo sì perché è la stanza più calda, ma mai quando c'era lui - e la voce le tremò.

- Lui? Intendi Armando Conti? - lei annuì - Ma quella sera c'era -

- No, è rientrato dopo. Di solito il mercoledì non veniva mai a casa, perché la mamma lavora il pomeriggio -

- E cosa è successo? Ti va di raccontarcelo? Solo se non ti fa soffrire troppo però - replicò il Giudice; lei rimase per un po' in silenzio e poi iniziò.

- Ero in cucina quando è entrato ma non stavo studiando. Avevo preparato la merenda per Laura che era tornata in camera a giocare. È entrato in cucina e ho visto subito che aveva bevuto e sapevo che era meglio andare via. A volte prendevo Laura e andavo dalla vicina, ma non ho fatto in tempo. Lui mi ha bloccata al tavolo. Volevo liberarmi ma lui era forte e puzzava tanto di vino. Il suo fiato ce l'avevo in faccia, ogni volta che diceva qualcosa mi arrivava addosso... come sempre... - lei tacque e chiuse gli occhi disgustata, come se volesse dimenticare quel fetore di marcio che l'aveva perseguitata per anni. Il Giudice attese che lei fosse pronta per riprendere il racconto ma un senso di nausea gli stava salendo dallo stomaco fino in gola.

- Poi, cosa è accaduto? - le chiese la psicologa prendendole delicatamente le mani.

- Quello che non dovrebbe mai accadere a nessuno, quello che è accaduto a me per troppo tempo. Sono qui, in mezzo a voi che non riuscite a capire quello che si può provare quando un uomo grande e grosso ti sta addosso e ti tocca dove non dovrebbe, ti viola nel tuo intimo di bambina e ti dice che devi tacere, che non devi dirlo a nessuno, perché altrimenti farà la stessa cosa orrenda alla tua sorellina. No, pensi, a lei non deve accadere e allora capisci che lo devi fare per proteggerla. C'è ancora il coltello usato per preparare la merenda. È lì, sul tavolo, abbastanza vicino, posso prenderlo. Quanta forza serve per colpire un uomo così grosso? Tutta quella che la disperazione riesce a mettere insieme ed è tanta, da non crederci. E colpisci, colpisci, colpisci... - le lacrime le rigavano il viso, mentre con la mano chiusa a pugno, mimava con rabbia, con dolore, il gesto che aveva ucciso il suo aguzzino. Non piangeva per ciò che aveva fatto ma per se stessa, perciò che gli adulti l'avevano costretta a diventare. Lo zio Joe la prese fra le braccia e la tenne stretta a sé, cercando di placare il tremito di quell'esile corpo. Si sentivano solo i singhiozzi di Emma, mentre un silenzio di imbarazzo e disgusto era sceso fra i presenti.

- Direi che è più che sufficiente! Signor Carlini può restare con sua nipote per tutto il tempo che vuole. Domani mattina alle 10.00 riprenderemo l'udienza, qui nel mio ufficio, per la sentenza. Signor Carlini, l'autorizzo a portare sua nipote a mangiare una pizza, prendere un gelato o qualsiasi cosa lei desideri. La riporterà alla casa-famiglia per la notte! Buona serata! -

Ma non fu una notte facile per il Giudice Santini, anzi tutt'altro! Era giunto alla fine della sua carriera. Una carriera lunga, senza picchi particolari, senza infamia e senza lode, anzi forse gli avevano assegnato quelle cause più noiose, che non piacevano a nessuno. Ne aveva viste di tutti i colori ma spesso era stata una noia mortale, ma aveva sempre onorato il ruolo assegnato. Quel processo però era tutta un'altra cosa! E pensare che non doveva essere nemmeno suo, ma aveva dovuto sostituire un collega che si era ammalato. "... tanto è un processo facile, e poi vai in pensione!" gli avevano detto. Ma quale processo facile! Quella ragazzina gli aveva dato una lezione di vita! Un'adolescente ad un veterano del foro! L'aveva messo di fronte ad una realtà nuda e cruda: la nefandezza di cui erano capaci, con i loro comportamenti bestiali, certi uomini, anzi no, il genere umano. Sì, il genere umano era la definizione giusta, perché se il Conti era un bruto, l'orco cattivo, la madre di Emma non era di certo migliore del suo amante. Quanti bambini si trovavano, in quel momento, nelle condizioni in cui si era trovata Emma? Troppi, anche uno solo sarebbe stato troppo! Ora sapeva cosa fare, sia con Emma, che per quanto riguardava il suo futuro da pensionato.

Alle 10.00 erano tutti lì, puntualissimi, nello studio del Giudice, in silenzio mentre lui disponeva le sue carte sulla scrivania. I due avvocati erano palesemente nervosi; Francesco più di tutti perché sentiva su di sé la responsabilità del futuro della sua assistita. Anche se, in cuor suo, aveva la sensazione di potercela fare, di poter contare sul Giudice, di aver fiducia in lui, aveva comunque il timore di sperare troppo. Lo zio Joe teneva per mano la nipote, sognava di poter uscire da quella stanza con lei, di poter prenotare subito l'aereo per gli USA e scappare a gambe levate con entrambe le ragazze! Emma era spaventata e per cacciare indietro i pensieri negativi, la prospettiva di separarsi per chissà quanto tempo dalla sorella prima di tutto, ma anche da quello zio appena ritrovato, che sapeva trasmetterle così tanto calore e che le ricordava moltissimo il padre. Ripensava alla sera precedente, alle ore passate con lui e Laura a spasso per la città, a fare shopping dove si erano divertite a provare un sacco di vestiti, poi merenda con tè e biscotti, per finire con una gustosa pizza. Lui aveva parlato della sua famiglia in America, aveva raccontato aneddoti sull'infanzia di suo padre e dei nonni che non aveva conosciuto: era stato tutto molto bello e desiderava tanto andarsene con lui e ricominciare una nuova vita, anche se ciò non avrebbe cancellato il passato.

Il Giudice Santini invece si sentiva incredibilmente tranquillo e sicuro di sé, dopo lo stress e la forte tensione emotiva provate durante quel processo. Niente poteva scalfire la sua sicurezza, la fermezza delle decisioni prese.

- Bene, intanto come stai Emma? Hai trascorso una bella giornata con lo zio? - le sorrise rassicurante.

- Sì, signor Giudice, è stata molto bella, grazie. Sto' bene e lei? - rispose sentendosi improvvisamente più tranquilla, rassicurata da quel sorriso.

- Anch'io sto bene, grazie e ti ho pensato molto. Ho pensato molto a ciò che hai dovuto subire, nonostante la tua giovane età, molto più di quanto un vecchio Giudice come me possa immaginare ed anche quel poco è troppo, perché io possa sopportarlo. L'unico motivo di conforto, se così si può definire, sia per me ma soprattutto per te, è che ci sono delle buone persone che ti vogliono bene. Il tuo avvocato per esempio, che si è battuto per te in modo egregio e non era per niente facile e sono sicuro che non l'ha fatto solo per onorare la parcella. Mi sbaglio, avvocato? -

- No, signor Giudice - aveva risposto Francesco con un certo imbarazzo.

- E poi tuo zio, che è davvero una brava persona, da quello che mi è stato riferito, e la sua è un'ottima famiglia. Tua sorella crescerà bene, potendo contare su un solido sostegno affettivo, morale e psicologico. Anche tu potrai averlo da loro, ne sono certo, ma non subito. Hai subìto soprusi per anni, senza alcun appoggio familiare e questo è un atto gravissimo, compiuto su una creatura indifesa e innocente, che cancella il gesto estremo che hai dovuto compiere per legittima difesa. Tuttavia non possono non tenere conto dei molti traumi psicologici da te subìti e quindi, ho deciso che dovrai trascorrere un anno nella casa-famiglia che ho scelto per te, per essere seguita da una psicologa che provvederò a nominare e verrai affidata ad un tutore, anch'esso scelto da me. So che un anno può sembrarti lungo ma, se i pareri saranno favorevoli, potrai raggiungere la tua famiglia molto prima del termine ultimo di un anno e io sono sicuro che ce la farai. In quanto a lei signor Carlini, le consiglio di iniziare da subito le pratiche di adozione delle sue nipoti, per togliere ogni possibilità alla madre di poter avanzare rivendicazioni future. Questo è quanto ho disposto! - concluse il Giudice Santini.

- Un anno è così lungo.... - Joe Carlini era sconsolato.

- Come ho detto, se tutto andrà bene, potrà riavere sua nipote molto prima. Nel frattempo farò in modo che lei stia bene e che possiate avere contatti illimitati, anche se a distanza - lo rassicurò il Giudice.

- Faremo ricorso... - esordì l'avvocato della famiglia Conti.

- Sinceramente, non glielo consiglio! Anche nell'interesse dei suoi assistiti che ne uscirebbero con un'immagine pubblica distrutta, in quanto famiglia di un mostro, un pedofilo, non della vittima. Questo glielo garantisco, Avvocato - il tono del Giudice era stato, questa volta, estremamente duro e poi si rivolse ad Emma, impassibile e composta, lo sguardo basso, le mani intrecciate in grembo - E tu, Emma, vuoi dire qualcosa? - il tono era di nuovo bonario se non affettuoso.

- La ringrazio Giudice e ce la metterò tutta per poter raggiungere la mia famiglia prima possibile, lo prometto! - rispose semplicemente.

- Ne sono sicuro e non sarai da sola in questo tuo percorso. Ora potete andare. Passerete un altro giorno insieme e domani mattina alle 10.00, ci ritroveremo qui. Lei, signor Carlini, Emma e il vostro avvocato per i dettagli del provvedimento. Buona giornata! -

Emma, nonostante tutto, era felice: aveva 24 ore da dedicare ai suoi affetti ma, soprattutto, per far capire a Laura che un anno, in fondo, era un piccolo sacrificio per potersi guadagnare tutta una vita insieme, ma una vita migliore. Niente lacrime, solo sorrisi, tutti per Laura la più fragile di tutta questa storia. E Laura pianse sì, ma Emma volle rimanere da sola con lei e quando, dopo mezz'ora, uscirono dalla camera che avrebbero condiviso per quell'ultima notte insieme, sorridevano entrambe. Che cosa si fossero dette non era dato a sapersi, né le due ragazze lo avrebbero mai rivelato. La stessa cosa accadde anche a Joe Carlini: Emma volle un colloquio privato anche con lui. Lo attese davanti alla finestra aperta sul panorama della sua città, pronta per la notte. Anche Emma lo era ma prima di andare a dormire doveva parlare con lo zio e lui entrò con un sorriso velato di tristezza.

- Non vorrei lasciarti domani, vorrei portarti con me - esordì con rammarico.

- Lo so, zio ma non preoccuparti, ci rivedremo presto e la tecnologia ci permetterà di vederci ogni giorno. Ti affido Laura, ha tanto bisogno di calore, di una famiglia e solo tu puoi dargliela!-

- Lo so e non mancherò di farlo. Per me siete come due figlie ormai e mi prenderò cura di voi-

- In questo anno o forse meno, anzi, lo spero, durante il quale non potrò esserle accanto, dovrai farlo tu, è di vitale importanza, più di quanto immagini -

Quando Joe Carlini uscì dalla camera da letto non era più lo stesso uomo che vi era entrato un'ora prima. Una nuova ruga profonda gli solcava la fronte, ma quando il suo sguardo incrociò quello di Laura, i lineamenti del volto si distesero e un sorriso affettuoso cancellò la piega amara delle labbra. Allargò le braccia per accoglierla e le lacrime gli salirono agli occhi e lui dovette fare uno sforzo notevole per trattenerle.