IL FILTRO GIALLO - capitolo 7 - di Stefania Bocchetta
IL FILTRO GIALLO - VII° capitolo
Era bastata una lettera dall'America per riaprire quelle di Francesco. Una lettera di Laura Carlini con l'invito ad una mostra fotografica in memoria di Emma.
Le sue foto, quelle che avevano realizzato insieme, venivano esposte in una nota galleria di Pasadena e Laura lo invitava a partecipare a quella commemorazione. Lui che aveva passato ogni anniversario della morte di Emma chiuso in casa a scolarsi una bottiglia per non pensare, per non ricordare ora era in volo per gli States. Aveva agito d'istinto, come per adempiere a qualcosa di incompiuto, rimasto a galleggiare nelle mente e nel cuore.
La incontrò in un bar e la trovò decisamente cambiata, ovvio visto che l'aveva vista partire adolescente e ora era una donna che, tranne per qualche richiamo nei lineamenti del viso, non somigliava alla sorella. Non era più la bambina esile e fragile che aveva conosciuto ma una bella donna sorridente, anche se un po' esitante, forse preoccupata per quell'incontro che rigettava entrambi in un passato doloroso.
Si salutarono con un semplice "ciao", come se si fossero lasciati solo il giorno prima e si sedettero.
- Sono contenta che tu sia venuto -
- Ti trovo bene -
- Grazie, gli zii si sono presi cura di me - sorrise con affetto.
- Hanno fatto un buon lavoro. Come sta tuo zio? -
- Tutto sommato bene. Ha avuto un infarto cinque anni fa, dopo la morte della zia e ora è su una sedia a rotelle e sono io che mi prendo cura di lui. Ho scelto di restargli accanto. Più tardi lo incontrerai - gli rispose sempre sorridendo con dolcezza.
Francesco notò che gli occhi si illuminavano quando parlava dell'ormai vecchio Joe.
- Ti ho mandato l'invito e ti ho scritto dopo tutti questi anni di silenzio, perché ci sono delle questioni non risolte tra tutti noi. L'ho capito quando è morto il Giudice, due anni fa. Abbiamo sempre mantenuto i contatti e prima di morire mi ha mostrato una cosa che gli aveva regalato Emma quel giorno. Non parlavamo mai di lei, ma lui sapeva di essere arrivato alla fine dei suoi giorni e perciò mi chiese di realizzare questa mostra per ricordarla. Ha destinato un cospicuo lascito per questo e io ho promesso di esaudire questo suo desiderio che non era l'unico. Mi ha chiesto di riferirti alcune cose che ignori, di raccontarti ciò che non sai. Mi ha parlato di te, di lei e mi ha fatto capire che dovevo farlo - parlava quasi sussurrando.
- No, non voglio sapere niente... - lei lo interruppe con decisione.
- Sì, devi sapere perché tutto deve andare al suo posto e perché ci servirà a superare i sensi di colpa ma di questo parleremo tra poco, alla mostra. Ora è aperta solo per noi. C'è solo lo zio ad aspettarci - e lo invitò a seguirla lungo Colorado Boulevard.
Solo cinque minuti in silenzio, camminando tra la gente, un breve lasso di tempo che sembrò eterno, finché non furono lì e poi troppo breve per sentirsi pronti ad affrontare ciò che li attendeva. All'ingresso ad aspettarli c'era Joe Carlini che non resse le lacrime mentre stringeva le mani e abbracciava l'ex giovane avvocato alle prime armi. Poi entrarono e Francesco rivide le foto che avevano scattato insieme, i luoghi dove erano stati e gli sembrò quasi di risentire i suoni, gli odori, le risate e la sua voce. Ogni foto era un pezzo della loro vita e un colpo al cuore, ma niente di paragonabile a quello che lo attendeva nella sala adiacente.
Allineati sulle pareti c'erano una serie di ritratti fotografici di uomini, donne, bambini ma soprattutto anziani, immagini bellissime che non aveva mai visto, volti intensi taluni gioiosi, altri severi, imberbi o con le rughe profonde come solchi. Ricordava quando erano stati insieme a ricercare quei soggetti, ma si rese conto che era la prima volta che vedeva le foto che erano state realizzate.
- Quel giorno stava per mostratele ma non c'è riuscita. Stava per dirti a cose le servivano quei filtri gialli che ti chiedeva di comprarle e che ti indispettivano perché non ti diceva perché fossero così indispensabili. Le occorrevano per realizzare queste foto, questi ritratti in bianco e nero così caldi, così intensi, così vivi. E quello è il regalo per il Giudice, il suo ritratto. È partito tutto da lì. È stato lui a raccontarmi questa storia e quanto si siano divertiti a prenderti un po' in giro. Il buon caro Giudice aveva capito tante cose, sapeva leggere nel cuore delle persone e aveva capito cosa si celasse nei vostri cuori, più di quanto lo abbiate capito voi. Per questo il suo rimorso, i suoi sensi di colpa nei vostri confronti lo dilaniava - Francesco la fissò sorpreso.
- Eravamo troppo giovani. Lei era solo una ragazzina. Era solo infatuazione... - lui cercò di scacciare il nodo che gli serrava la gola.
- Era innamorata ma ancora non ne aveva piena consapevolezza. Non aveva mai provato niente di simile prima -
- Non puoi saperlo ... -
- Sì che lo so, la conoscevo bene e lo sapeva anche il Giudice. Quel giorno ti ha fatto un regalo. Lo so perché me lo disse e me lo fece vedere. Ti ha regalato l'altra metà di questo ciondolo - e trasse fuori dalla scollatura il ciondolo a forma di mezzo cuore - Due metà perfette, perché il suo cuore era diviso a metà tra le due persone che amava di più. Noi due! -
Francesco fissò sconvolto il ciondolo di Laura e poi infilò la mano nel taschino della giacca e tirò fuori l'altra metà: le avvicinarono, erano perfette.
- Lo porto sempre con me ... - le confessò.
- E' stato il Giudice ad accompagnarla ad acquistarli, per questo i sensi di colpa lo hanno consumato per anni, fino alla morte! -
- Rimorso nei nostri confronti?! -
- Sì. Si riteneva responsabile per la sua morte perché, se solo le avesse permesso di partire subito con me e con lo zio, lei sarebbe ancora viva e forse avreste potuto essere insieme oggi. Per lui era un tormento enorme, le nostre sofferenze per averla persa erano un pesante fardello da portare! -
- Sono colpevole quanto lui per non averla saputa difendere - replicò lui.
- Io lo sono più di tutti! - sussurrò lei.
- Tu?! Cosa c'entri tu? Eri solo una bambina! Cosa potevi fare? -
- Emma è morta al posto mio! Vi abbiamo sempre mentito! Quella sera sono stata io ad uccidere il mostro, non lei. Era me che stava molestando in cucina. È rientrato che stavo facendo merenda proprio come ha raccontato, ma c'ero io al posto suo. Io ho preso il coltello dalla tavola e l'ho colpito. Emma mi ha sentito gridare e è corsa in mio aiuto, ma era troppo tardi. Io ero sotto shock, terrorizzata quindi lei ha deciso tutto in un attimo. Mi ha fatto giurare di non dire niente a nessuno, tutti dovevano credere che era stata lei. Voleva proteggermi come sempre. Lo ha sempre fatto. Era riuscita, fino a quel momento, a tenere quel mostro lontano da me. Io sapevo che la molestava, lei si era raccomandata tante volte che evitassi di restare sola con lui, ma quella sera ci ha prese di sorpresa. Quando lo zio è arrivato dall'America, la determinazione di mia sorella si è fatta ancora più decisa, perché aveva visto la possibilità per me di andarmene subito, di crescere in una famiglia solida e affettuosa, dove mi avrebbe presto raggiunta. Nessuno poteva immaginare! -
- E non avete detto mai nulla, avete mentito a tutti?! - Francesco era incredulo e smarrito.
- No, non a tutti. La sera prima che partissimo, Emma lo disse allo zio perché mi aiutasse a superare il trauma e gli fece giurare di non dirlo mai a nessuno. Lui ha mantenuto la parola ma, la rivelazione prima e la morte di Emma poi, lo hanno cambiato profondamente. Per me è stato un padre meraviglioso -
Rimasero così, in silenzio, immersi nel proprio dolore, poi lui tese le braccia e si strinsero l'uno all'altra.
- Dobbiamo perdonarci a vicenda per poter andare avanti - le disse asciugandole le lacrime - Noi siamo come quelle foto in cui il filtro giallo ha reso più nitidi i dettagli, regalandoci la bellezza della verità, rendendoci liberi di apprezzare i particolari. Così noi oggi possiamo eliminare le bruttezze che abbiamo conosciuto, facendo risaltare la bellezza del gesto di Emma e del suo sacrificio, come ha fatto lei con le foto - lo esortò Laura.
Francesco solo allora si rese conto che Joe Carlini era sempre stato lì con loro, silenzioso e immobile: solo ora che aveva messo in moto la sedia a rotelle si era reso conto della sua silente presenza, fermo accanto a due espositori coperti da un telo che, ad uno sguardo della nipote, tirò via per scoprire due autoscatti che ritraevano una Emma solare, sorridente, felice insieme ad un giovane avvocato di belle speranze.
FINE