IRENE NEMIROVSKY: l'arte che sopravvive all'orrore
Irène Némirovsky è scomparsa il 17 agosto del 1942 nel campo di concentramento di Auschwitz dopo un solo mese dalla deportazione. A trentanove anni era già autrice di numerosi romanzi e novelle, tra cui "Il Ballo"e "David Golder", oltre all'incompiuto "Suite Francese", pubblicato postumo. Nata a Kiev, in Ucraina, da una famiglia ebrea benestante (il padre era banchiere), la scrittrice ha vissuto in Russia fino alla Rivoluzione d'Autunno. Poiché i Némirovsky erano vicini allo Zar, si dovettero trasferire in Scandinavia e infine in Francia, dove la famiglia era già solita trascorrere le vacanze.
Nel 1926 sposò l'ingegnere russo Michel Epstein con cui ebbe due figlie e nel 1929 diventò famosa con il suo "David Golder", che le procurò anche accuse di antisemitismo per via dell'aspra ironia con cui dipinge il protagonista. Sia quest'opera che "Il Ballo" vennero adattate per il cinema. Intanto Irène Némirovsky scrisse anche numerosi racconti per delle riviste. Nonostante la fama e il successo, nel 1935 il governo francese rifiutò la sua richiesta di cittadinanza.
Con l'inasprirsi delle leggi razziali, nel 1939 si fece battezzare cattolica a Parigi, ma nel 1940 le venne proibito di pubblicare, anche se l'editore Horace de Carbuccia vìolerà la legge continuando a occuparsi delle sue opere. Si trasferì in campagna con la famiglia e iniziò a lavorare a "Suite Francese". Nel luglio 1942 venne arrestata e deportata.
Irène crebbe con una bambinaia francese fin dalla tenera età, tanto che imparò prima il francese del russo. Tanto era stretto il legame con la tata, quanto era distante e freddo quello con la madre Fanny. "Il Ballo", una delle sue novelle più acclamate, prende spunto dal rapporto difficile con la madre. L'opera racconta di Antoinette, ormai quattordicenne, ma a cui la madre vieta di partecipare a un ballo organizzato in casa per paura di sfigurare davanti alla giovinezza della figlia. Anche al padre Irène non risparmia le critiche, tanto che il suo "David Golder", emblema dell'ebreo arrivista e assetato di denaro, sembra proprio ispirato alla figura paterna.
A causa di un'infanzia solitaria, Irène si dedicò alla lettura e alla scrittura fin da giovanissima e nel 1927, a soli 24 anni, pubblicò la sua prima opera, "Il bambino prodigio" ("L'Enfant Genial"). Intanto studiava lettere alla Sorbona e apprendeva sette lingue tra cui il russo, il francese, l'inglese e l'yiddish.
Nei mesi che precedettero il suo arresto e la deportazione ad Auschwitz, Irène Némirovsky compose febbrilmente i primi due romanzi di una grande «sinfonia in cinque movimenti» che doveva narrare, quasi in presa diretta, il destino di una nazione, la Francia, sotto l'occupazione nazista: "Tempesta in giugno" (che racconta la fuga in massa dei Parigini alla vigilia dell'arrivo dei Tedeschi) e "Dolce" (il cui nucleo centrale è la passione, tanto più bruciante quanto più soffocata, che lega una «sposa di guerra» a un ufficiale tedesco). La pubblicazione, a sessant'anni di distanza, di "Suite francese", il volume che li riunisce, è stata in Francia un vero evento letterario. Non è difficile capire perché: con "Suite francese" ci troviamo di fronte al grande «romanzo popolare» nella sua accezione più nobile: un possente affresco, folto di personaggi memorabili, denso di storie avvincenti, dotato di un ritmo impeccabile, nel quale vediamo intrecciarsi i destini di una moltitudine di individui travolti dalla Storia. Su tutti Irène Némirovsky posa uno sguardo che è insieme lucidissimo e visionario, mostrandoci uno spettro variegato di possibilità dell'uomo: il cinismo, la meschinità, la vigliaccheria, l'arroganza e la vanità, ma anche l'eroismo, l'amore e la pietà. «La cosa più importante, qui, e la più interessante» scriveva la Némirovsky due giorni prima di essere arrestata «è che gli eventi storici, rivoluzionari, ecc. sono appena sfiorati, mentre viene investigata la vita quotidiana, affettiva, e soprattutto la commedia che questa mette in scena».
Nel 2014 è stato realizzato un film diretto da Saul Dibb, basato sulla seconda parte, intitolata "Dolce", dell'omonimo romanzo di Irène Némirovsky, pubblicato postumo nel 2004, a più di sessant'anni dalla sua stesura.
Invano il marito e i suoi editori si mobilitarono per ritrovarla. Malata di tifo, venne uccisa ad Auschwitz. Le figlie, tuttavia, raccolsero i lavori della madre e autorizzarono la pubblicazione di "Suite Francese". Inoltre, basandosi sui diari e i carteggi della donna, ne scrissero la biografia, "Mirador".
Quello di osservare la propria vita a distanza fu una sua dote, uno dei motivi che rendevano così speciale la creazione artistica della Némirovsky. Le sue capacità descrittive, con poche immagini e parole chiare, sono formidabili, i suoi libri trascinano subito il lettore nel luogo preciso, nel paesaggio della storia. Con la descrizione di gesti essenziali e scarni, i suoi personaggi rivelano l'essenza del carattere, le meschinerie, la cattiveria. La madre bella e distante, alta e ben fatta, non sfuggirà alle cronache e reinvenzioni filiali. Tutte le madri dei romanzi e racconti della Némirovsky ritraggono Fanny, ma è in particolare in "Jezabel", che la penna della scrittrice trova la sua vendetta.