L'UMBRIA E I SUOI PERSONAGGI: Braccio da Montone

31.07.2023

Andrea Fortebracci conosciuto come Braccio da Montone nacque a Perugia il 1º luglio 1368, rione di Porta Sant'Angelo, dove si trovava ascritto il castello di Montone, signoria della sua famiglia. Il padre Oddo era un Capitano del Popolo a Firenze dal 1372 al 1373 e morì nel 1380. La madre Giacoma Monemelini incoraggiò la vocazione militare del figlio che vantava due fratelli più grandi, Carlo e Giovanni, e tre sorelle, Stella, Monalduccia e Giovanna. Iniziò la sua carriera militare come paggio nella compagnia di Guido d'Asciano. Già diciottenne venne posto a capo di 15 celate da Antonio da Montefeltro con le quali compì irruzioni nel territorio di Fossombrone, contro l'esercito dei Malatesta, dove venne fatto prigioniero; dopo il riscatto tornò a combattere ma venne gravemente ferito alla testa. Recuperata la paralisi al lato destro conseguente al ferito alla testa, rimase un certo impedimento alla gamba. Partecipò a diverse campagne tra il 1388 e il 1390, compresa il soffocamento di una sollevazione dei Montonesi contro la propria famiglia, forse stimolata dalla rivolta contro i nobili (detti beccherini) che governavano Perugia, organizzata dal partito popolare (i raspanti) che riuscirono, dopo essere rientrati in città con la mediazione del Papa Bonifacio IX, ad espellere i nobili costringendo alla fuga lo stesso Papa. Andrea si diede alla ventura entrando nella Compagnia di San Giorgio di Alberico da Barbiano. Nel 1390 tornò a Montone dove con i fratelli uccise tre esponenti della fazione rivale dei Raspanti che gli fece guadagnare una taglia sulla testa e da ora in poi il soprannome di "Braccio" e l'allontanamento da Montone per formare una compagnia di quindici cavalieri ingaggiati dai Montefeltro contro i Malatesta. Nel 1397, dopo un paio di anni al soldo di nuovo di Alberico da Barbiano, venne ingaggiato dalla Repubblica di Firenze, che gli assegnò 30 uomini d'arme e l'anno successivo passò a combattere con lo Stato Pontificio nella guerra contro Perugia, devastando il territorio di Assisi ma senza riuscire a prendere la città, che nel 1400 passerà ai Visconti e Braccio riprese il suo mestiere di capitano di ventura. E' del 1404 la sua battaglia più importante che gli valse il titolo di Cavaliere: era al servizio di Alberico da Barbiano contro Faenza e lo Stato Pontificio, presso il fiume Reno trovandosi in inferiorità numerica contro le truppe papali, decise di far costruire tre ponti militari sul fiume e trincerarsi oltre le sponde, riuscendo così a resistere e ad avere la meglio. I rapporti con Alberico si interruppero a causa di maldicenze messe in giro dai suoi rivali che insinuava la volontà da parte di Braccio di sopprimere il Duca per prenderne il posto. Tornò a combattere contro Perugia e poi nel 1407 formò una nuova compagnia con i fuoriusciti perugini, con sede a Sansepolcro e mettendo in atto lucrose scorrerie. Assoldato dagli abitanti di Arcevia contro il Marchese Migliorati di Fano che gli offrirono in cambio la signoria, devastò il territorio e conquistò castelli. Dopo la pace col Marchese passò a servire il re di Napoli, Ladislao, con un'armata di 1200 cavalieri e 1000 fanti. In guerra contro Perugia, re Ladislao firmò la pace e un accordo con il quale si impegnava a combattere contro i fuoriusciti, Braccio compreso che si sentì tradito e si impossessò di Jesi come risarcimento dei salari non percepiti. Negli anni a seguire continuò a combattere e ad affinare la sua tecnica militare, impostata sulla rapidità delle manovre e sulla velocità di movimento, dando il nome ad una scuola d'arme che si chiamerà appunto "braccesca". Nel 1413 l'antipapa Giovanni XXIII lo nominò conte di Montone, governatore di Bologna accumulando una fortuna taglieggiando le città vicine. Dopo gli onori ricevuti da Firenze e la morte di re Ladislao, Braccio ridiscese verso Perugia conquistando città e castelli, tanto che i Perugini si videro costretti ad affidarsi a Carlo I Malatesta ma nel durissimo scontro a Sant'Egidio, dove si distinse il figlio Oddo e l'allievo Niccolò Piccinino, i Bracceschi ebbero la meglio costringendo la città ad aprirgli le porte e a nominarlo suo signore: poi fu la volta di Todi, Terni, Narni e Orvieto. Le sue mire espansioniste verso le coste adriatiche si interruppero nel 1417 al castello di Cantiano, dal quale i Montefeltro sbarrarono la Via Flaminia all'esercito di Braccio che dovette desistere. Non pago di quanto realizzato corse in aiuto della regina di Napoli Giovanna II, scomunicata dal Papa che provvide a scomunicare anche Braccio. In poco tempo conquistò quasi tutto l'Abruzzo, tanto da essere nominato nel 1424 Gran Connestabile del Regno di Napoli, Principe di Capua e Conte di Foggia ma passando dalla parte degli Aragonesi perse il primo titolo. Alfonso V d'Aragona lo incaricò di conquistare l'Aquila promettendogli il feudo, territorio cruciale per il Regno di Napoli. Il Fortebracci distrusse i 99 Castelli Fondatori ma nonostante ciò il suo esercito venne sconfitto in una battaglia feroce, Braccio venne gravemente ferito, catturato e imprigionato e morì a L'Aquila il 5 Giugno 1424. Essendo scomunicato venne sepolto in terra sconsacrata fino al 1432 quando il nipote Niccolò Fortebraccio ottenne la tumulazione nella chiesa di San Francesco al Prato a Perugia. Nel privato Andrea Fortebracci si era sposato due volte: la prima moglie, Elisabetta Ammanni, nel 1392 che lo lasciò vedovo nel 1419 senza figli; la seconda, Nicolina da Varano, nel 1420 lo lasciò vedovo nel 1429 con un figlio Carlo, condottiero a sua volta. Da relazioni extraconiugali erano nati Oddo anche lui condottiero e due figlie, Lucrezia e Carlotta.