NON TOCCATEMI IL NATALE di Stefania Bocchetta

13.12.2022

NON TOCCATEMI IL NATALE

Tanto tempo fa, diciamo più di 50 anni fa, in un appartamento della periferia di Perugia, viveva una bambina con la sua famiglia: babbo, mamma e nonni paterni. Avrà avuto 4 anni circa e la sua era una famiglia modesta, che dalla campagna si era trasferita da poco alle porte della città. Se, per quell'età, non si possa dire che avesse avuto una vita difficile, sicuramente le premesse perché il futuro lo fosse, c'erano tutte! Oh per essere amata non c'erano dubbi che lo era! Era la prima nipotina sia da parte di suo padre, che da quelle di sua madre. Tutti e quattro i suoi nonni l'adoravano e gli zii, finché aveva vissuto in campagna, l'avevano cresciuta come secondi genitori; l'avevano tenuta con sé anche per lunghi periodi, specie d'estate, quando quelli naturali erano impegnati al massimo con i lavori di mietitura e battitura. Del resto era una bambina adorabile, sembrava un angioletto con i capelli così biondi da sembrare fili dorati! Il colore degli occhi era un "non-colore" ereditato dai geni paterni, cangiante con il mutare del tempo, talvolta celesti, altre verdi, persino grigi. La timidezza la rendeva una bambina buona, difficilmente capricciosa, anzi per una vita intera la timidezza sarebbe stata uno scoglio insormontabile. E allora, qual'era il problema? Beh, quello di nascere in una famiglia diciamo bellicosa, tanto per usare un eufemismo. Una nonna, matriarca da una trentina d'anni, che appena ventenne si era accollata la numerosa famiglia dell'altrettanto giovane marito. Gente contadina, la cui madre era morta pochi mesi dopo aver partorito il dodicesimo dei suoi figli, la metà dei quali era già andata perduta in tenera età. Sembra quasi di parlare di un'epoca lontanissima, quasi medievale, eppure questa era la normalità nell'Italia di inizio secolo scorso: analfabetismo, campagna intesa come sfruttamento dei contadini, povertà, malattie e tanti figli per famiglie numerose, perché la terra richiedeva braccia. Poteva una donna abituata a comandare tante persone, anche più giovani, fratelli e sorelle del marito ancora da sistemare e con un neonato da crescere come un figlio ma in realtà, orfano della suocera, vedere di buon occhio la giovanissima sposa del suo primogenito ed unico figlio maschio? No di certo! Soprattutto se la ragazza è una ribelle, poco propensa a farsi comandare e poco incline ad imparare i mestieri della casa e della terra. Le liti, anche furiose, erano all'ordine del giorno ed anche se, nella sua memoria legata ai ricordi d'infanzia nella bambina non sembra esserne rimasta traccia apparente, sicuramente potremmo trovare ferite nascoste nel suo animo di donna adulta, ma non siamo psicologi e nelle sue profondità mai a nessuno è stato concesso di penetrare... almeno fino ad ora! A cosa può attaccarsi una bambina di 4 anni in una situazione conflittuale del genere? Di sicuro all'affetto, all'amore con cui i suoi cari comunque la circondavano e che lei sentiva e sapeva esistere, anche se poi, nel futuro, ciò non l'avrebbe preservata dalle delusioni cocenti, dai tradimenti e dalle amarezze conseguenti. C'era un solo rifugio possibile per lei in quelle situazioni: la fantasia! Che meravigliosa àncora di salvezza raccontarsi ogni giorno, per anni, storie diverse, di riscatto e sempre a lieto fine ovviamente. Ogni volta una fiaba diversa, ricreare una magia nuova e mai uguale che, in età adulta, si sarebbe mutata in tante storie scritte su qualsiasi pezzo di carta, parole messe in fila nero su bianco, una di seguito all'altra, per dare vita a pensieri, concetti, idee ma soprattutto vite! Le vite dei suoi personaggi, amici fidati e fedeli! Ma questo sarebbe accaduto molto tempo dopo. A 4 anni, all'epoca, si potevano conoscere al massimo le favole raccontate prima di andare a dormire, ma erano sempre altri a viverle: Biancaneve, Cenerentola, Cappuccetto Rosso, Pinocchio ne erano i protagonisti, non una piccola, dolce e tranquilla bimbetta di campagna che si sentiva tale solo in occasione del compleanno o del Natale. Il compleanno però non era un vero momento magico, il Natale sì! Quello era un giorno davvero speciale, perché qualcuno veniva a casa, nella notte, appositamente per lei, per consegnarle quell'unico regalo che la famiglia poteva permettersi ma la magia era proprio tutta lì, nell'attesa di quel giorno speciale in cui qualcuno, un essere misterioso, avrebbe affrontato un lungo viaggio solo per lei, perché era stata una brava bambina e che costui si chiamasse Babbo Natale o Gesù Bambino poco importava. Era quell'attesa di sapere se era stata abbastanza buona da meritarsi quell'unico regalo, o forse era quel clima di quiete familiare che per una volta sentiva intorno a sé, benché ovviamente non ne avesse la consapevolezza, a rendere magico quel momento? Chi può dirlo? Come quella volta, la prima Vigilia di Natale della sua infanzia di cui aveva memoria da adulta. L'avevano messa a dormire presto nel suo lettino, perché altrimenti Babbo Natale non sarebbe passato a lasciarle il regalo, che invece il mattino dopo avrebbe trovato, ben impacchettato, sotto l'albero addobbato. Invece, poco dopo mezzanotte, il nonno l'aveva svegliata perché impaziente di vedere la fanciullesca espressione di stupore sul visetto dell'adorata nipotina. Se l'era caricata a cavalluccio sulle spalle e l'aveva portata in cucina, dove tutta la famiglia si trovava riunita, ognuno sorridente e felice per la sorpresa inaspettata che rendeva ancora più magica quella notte! Sul tavolo, un grande pacco colorato, il più grande che la bimba avesse mai visto! Il nonno l'aveva messa in piedi su una sedia e gli altri l'avevano incoraggiata a rompere la carta per svelare il dono ricevuto. Ed era davvero un regalo meraviglioso per lei che ne aveva ricevuti sempre molto pochi: un enorme bambolotto! Quello era il primo regalo di una certa importanza e valore ma anche l'ultimo che avrebbe ricevuto da quella famiglia unita, almeno per una notte e che, da lì a qualche mese era destinata a separarsi, divisa per molti e lunghi anni da silenziosi rancori. Oh a lei sarebbero rimasti tanti Natali con i genitori, una sorellina che stava per nascere ed una vita difficile, ma per fortuna, anche la magia di una notte in cui nulla di brutto avrebbe potuto sfiorarla. Forse è solo un'illusione, anzi sicuramente lo è, perché si nasce e si muore, si soffre e si gioisce come in ogni altro giorno dell'anno, ma almeno per una notte, concediamoci, noi che possiamo, di sognare ancora un po', come quella bambina di 50 anni fa, che senza quella magica illusione, avrebbe sicuramente ricordi amari e ferite ancora più profonde e dolorose di quanto siano state. Lasciatemi sognare ancora oggi, dopo 50 anni, perché del doman non v'è certezza! E non importa se Babbo Natale non esiste o è solo un'invenzione della Coca Cola, oggi sono io che mi travesto da Babbo Natale per i bambini che sorridono felici al mio arrivo e mi guardano estasiati ma timorosi convinti che io sia quel magico vecchietto. Per questo, per favore, non toccatemi il Natale, per qualcuno è prezioso come un cerotto sulle ferite del cuore!