UN VOLO DI GABBIANI di Stefania Bocchetta

13.06.2022

UN VOLO DI GABBIANI

Acqua e cielo. Nient'altro che acqua e cielo fino all'orizzonte infinito dove non si intuisce più cosa sia acqua e cosa sia cielo.
E' l'alba del quarto giorno e l'Africa è oramai lontana mentre l'Italia dovrebbe essere là, sempre dritto.
Sono in tanti sul barcone, così tanti che Amina non saprebbe nemmeno dire quanti; tutti pigiati, gli uni addosso agli altri, nella stessa posizione da quando sono partiti, senza la possibilità di muovere nemmeno un muscolo.
L'acqua da bere è finita da qualche ora, quante? Troppe a giudicare dal bruciore alla gola e dalle labbra arse dove gli spruzzi dell'acqua del Mediterraneo, che spesso li ha inondati, sono arrivati a colpire. Anche il cibo scarseggia: è rimasta solo mezza barretta dolce ma è per la sua piccola che si agita nel sonno, cullata dalle sue braccia amorevoli, avvolta nella coperta legata a tracolla come uno zaino.
Perché anche noi abbiamo figli da proteggere e per i quali sognare un futuro migliore, non fatto di guerra per i maschi e di stupri per le femmine: no, non voleva questo per sua figlia! E quale madre lo vorrebbe?
Tre giorni e tre notti che sono sembrate anni, una vita intera! Tutti i suoi risparmi sono finiti nelle tasche dell'organizzazione ma che altro avrebbe potuto fare, lei vedova di un pover'uomo chiamato ad usare il fucile quando aveva solo imbracciato gli utensili da muratore, con una figlia piccola di 5 anni da crescere, possibilmente lontana dalle brutture della guerra, della fame, della miseria più nera? Due femmine che per la loro cultura non erano persone ma un niente!
Sì su quel barcone c'era tutta la speranza per un futuro dignitoso e fino a quel momento era andato tutto abbastanza bene.
La traversata non era stata poi così difficile. Il mare era stato abbastanza mosso nei giorni scorsi ma mai in tempesta, c'era sì un olezzo infernale causato dai malori di quei disgraziati e dai loro bisogni ma l'Italia era vicina, diceva continuamente il giovane tunisino che guidava quella bagnarola e il suo amico più anziano, quasi sempre ubriaco, annuiva ridendo sguaiatamente.
Qualcosa però era cambiato nelle ultime ore. Amina lo percepiva nell'aria, anche se non avrebbe saputo di cosa si trattasse, aveva notato il volo incessante dei gabbiani, udito le loro stridule grida e sapeva che là dove volano i gabbiani c'è terra vicina.
La piccola si agitò ancora di più e lei riprese a cullarla, a sussurrarle dolci e tenere parole cercando di rinviare il più possibile la consumazione di quell'unica mezza barretta e soprattutto di farle dimenticare la sete che certamente provava.
Presa com'era dalla sua bambina, non aveva visto la nave che era apparsa all'improvviso all'orizzonte ma il grido dei suoi miserandi compagni di viaggio che l'avevano avvistata, ridestarono immediatamente la sua attenzione.
In breve tutto il barcone risuonò delle urla dei disgraziati che la circondavano, alcuni cercarono di alzarsi in piedi aggrappandosi a qualsiasi cosa fosse alla portata delle loro mani, calpestando tutto ciò su cui posavano i piedi anchilosati da giorni di forzata inattività.
Il barcone aveva iniziato ad ondeggiare in modo preoccupante. Amina stringendo la figlioletta al seno, cercava di proteggersi da quella massa umana impazzita. I due scafisti avevano iniziato ad imprecare ed urlare cercando inutilmente di fermare quell'orda impazzita che rischiava di capovolgere l'imbarcazione da un momento all'altro; Amina lesse il terrore anche nei loro occhi e comprese il grave pericolo che incombeva su di loro.
Quando quei poveri disgraziati si resero conto che il peschereccio finalmente puntava la prua verso di loro, le urla erano diventate ancora più acute e i movimenti di quei corpi duramente provati, ancora più inconsulti e incontrollabili, finché accadde la disgrazia.
Di colpo Amina si ritrovò completamente immersa nell'acqua del Mediterraneo, la bimba ancora stretta al seno, nella coperta che la legava alla madre. L'acqua era fredda e oscura mentre lei sprofondava sempre più. Sentiva le poche forze disponibili abbandonarla ma non poteva lasciarsi sopraffare: se fosse annegata sarebbe stata la fine anche per la sua bambina.
Raccolse tutte le misere forze di cui disponeva, il suo corpo rispose con una scossa alle sue sollecitazioni e le gambe si mossero nel tentativo di nuotare verso l'alto. Ancora un po' più su, Amina! Ancora un altro po', per la tua bambina! Lassù, fra le onde del mare c'è la luce e la vita, laggiù in fondo c'è oscurità e morte: non vuoi tornare giù Amina, vero? Sì lo sai che sarebbe più facile, più semplice e soprattutto meno doloroso lasciarsi andare a fondo ma la tua bambina ha tutta la vita davanti ed ha il diritto di viverla e viverla dignitosamente. E' per questo che eri sul barcone, ti ricordi Amina? Sì che lo ricordi! Non sei arrivata fin qua per morire annegata nel Mediterraneo! No, davvero dopo che hai attraversato il deserto a piedi e su un vecchio carro sgangherato, dopo che ti sei venduta tutto, anche quei quattro stracci di tuo marito, hai rischiato le botte, i furti, gli stupri per cosa? Morire fra le onde del mare? No, soprattutto non era questo che volevi per tua figlia e allora su, coraggio, ancora uno sforzo anche se fa male da urlare e tutto il tuo corpo si ribella furioso a questo supplizio ma la luce si avvicina. Eccola è lì, sulla superficie del mare e la luce significa aria per i tuoi polmoni che bruciano, significa salvezza perché lì ci sono i pescatori italiani arrivati per portare soccorso e aiuto.
Eccolo l'ultimo colpo di gambe, che fortuna essere cresciuta lungo un fiume ed aver imparato a nuotare fin da piccola! Eccola l'ultima spinta e la testa è fuori dall'acqua e anche la tua bimba lo è: Signore fa che non sia troppo tardi! Fa che sia viva!
Un grido, una lingua sconosciuta: "Da questa parte! Ci sono una donna e una bambina! Aiutatemi a tirarle su, sono ancora vive!"
Amina non capisce nemmeno mezza parola ma quando delle mani forte e sicure afferrano lei e sua figlia, la piccola inizia a piangere. Amina ascoltava quel pianto come ascoltasse il suono magico della vita che rinasce, come il primo pianto che aveva udito subito dopo averla partorita: una nuova rinascita l'attendeva!
Sorrise, il volto rivolto verso il cielo. Mentre la sollevavano verso la salvezza, le sembrò di librarsi in volo come i gabbiani che volteggiavano rapidi nell'azzurrità che aveva il sapore della libertà.

Stefania Bocchetta